"Fanno qualcosa di importante per chi è povero"
La verità è che io il banco alimentare l’ho sempre visto di sfuggita. In mezzo alla frenesia quotidiana, mentre sei di corsa e depenni tutto quello che devi fare in mattinata, entri a razzo al supermercato per la spesa e ti trovi gente fuori che ti chiede cibo. In pratica, difficilmente percepisci che quella gente sta facendo una cosa immensa in una giornata immensamente pesante.
L’ho incontrato di nuovo un giorno in cui mi sono decisa a fare una scelta concreta e reale. Era, e forse un po’ lo è ancora, un momento di crisi in cui hai fin troppe domane che non trovano risposta. Forse perché quando arrivi ad un punto morto con te stesso significa che è arrivato il momento di tirare su lo sguardo dal tuo ombelico (per usare un’espressione che una persona un giorno mi ha detto) e piantarlo sugli altri, metterti in pausa e dedicarti agli altri. Perché sembrano frasi fatte ma non lo sono. Sono talmente vere che fanno paura, le realtà che ci sono intorno a noi, fatte di famiglie che non arrivano a fine mese e che nonostante questo vivono con una dignità che ti fa vergognare di lamentarti continuamente del tuo capo.
Ho trovato su internet girovagando una email a cui ho mandato la mia richiesta di aiutare il banco, nel pieno di un profondo periodo di disagio, quasi come un grido di aiuto, io che ho tutto quello di cui un essere umano medio ha bisogno per vivere. Aiutare gli altri per aiutare te stessa, aiutare se stessi per esserci di più per gli altri, per imparare ad accorgersene.
E quindi poi vai là e si scopre un mondo bello, vero, fatto di gente che ti somiglia e con cui ti senti in sintonia. Vedi che non te ne viene in tasca nulla di concreto ma ti senti il cuore gonfio e palpitante, nel vedere persone come te, con un lavoro e una famiglia, che trovano il tempo per pensare a chi ha bisogno e lo fanno con il sorriso.
Quando mi è stato chiesto se volevo prendere parte alla giornata dedicata alla colletta alimentare mi sono tornati in mente alcuni ricordi, brevi momenti in cui entravo al supermercato e vedevo questa gente porgermi un sacchetto, io che lo riempivo con pasta o riso o quanto mi sembrava opportuno e poi ridarglielo. E lì ho capito fino in fondo, l’importanza di quello che andavo a fare, quanto cuore ci mettono queste persone per portare avanti qualcosa puramente per gli altri. È stata una giornata lunga e impegnativa. Ho visto gente distratta, allegra, gente curiosa e anche diffidente, felice disponibile, stizzita o vacillante. Stare dall’altra parte della barricata fa bene, al cuore e alla mente. Fa vedere i volontari meno come degli alieni e più come dei protettori, di qualcuno che non conoscono e che forse mai nemmeno conosceranno. In fondo, il messaggio e la riflessione che mi sono portata a casa la sera, dopo una giornata in cui alla fine ginocchia e schiena non ti tengono più su, è proprio questo: ci siamo persi via la bellezza di fare qualcosa per gli altri; ci siamo persi la tenerezza di prendersi cura degli altri, di badare a chi ha meno di noi, di quanto ti possa risvegliare la sensazione che suscita quando prendi coscienza di quello che stai facendo. La tenerezza dei bambini che chiedono ai genitori cosa facciamo lì, mentre trotterellano dietro al carrello che entra, e sentire la loro risposta: fanno qualcosa di importante per chi è povero.
Io sono un po’ in pausa con Dio ultimamente, in mezzo alle onde violente ho perso la bussola. Ma quello che ho visto e in quello che ho vissuto ci ho visto dentro un Dio talmente grande e vero che mi è bastata come risposta ai tanti perché allo specchio.
Non posso quindi che ringraziare chi mi abbia dato la possibilità di partecipare e prendere parte a una realtà così bella come il banco alimentare.